Intervista a Paolo Pozzi | Italian Fasteners UPIVEB

Riportiamo l’articolo completo uscito sul numero di Luglio di Italian Fasteners.

L’E.I.F.I. ha un nuovo Presidente

Si può ben dire che Paolo Pozzi i galloni se li è conquistati sul campo.
Laureato in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Milano, nel 1995 entra a lavorare nel gruppo Agrati dove, col tempo, ricopre diversi ruoli fino a divenire nel 2005 Direttore Generale della capogruppo “Agrati SpA” e poi membro del Consiglio di Amministrazione. Viene nominato Managing Director del Gruppo nel 2008 e Amministratore Delegato nel 2016.
Sotto la sua guida ed in armonia con la Presidenza, il Gruppo Agrati ha performato una trasformazione che oggi si può identificare nel raggiungimento di importanti traguardi che sinteticamente possono essere quantificati nel fatturato annuale che supera i 680 milioni di euro e negli oltre 2400 dipendenti che lavorano in 12 siti produttivi in Europa, Stati Uniti e Cina.
Le naturali doti diplomatiche assieme ad una personalità accattivante hanno consentito a Paolo Pozzi di conoscere e farsi conoscere ed apprezzare nel contesto sociale del suo lavoro sia a livello nazionale che internazionale dove ha svolto e svolge una intensa attività di carattere professionale e associativo. Pertanto, non deve essere stata una sorpresa la sua elezione, a maggioranza, alla presidenza dell’EIFI per il quadriennio 2023-2027 avvenuta nel corso dell’Assemblea Generale EIFI tenutasi il 12 Maggio 2023 a Meissen – Germania.
Grazie alla sua disponibilità, abbiamo avuto il piacere di incontrare il neo-Presidente. Riportiamo di seguito l’intervista.

Che tipo di Presidenza sarà la sua?

Innanzitutto, ringrazio di nuovo tutti i membri associati all’EIFI che hanno supportato la mia elezione alla Presidenza e sono molto onorato e felice di poter ricoprire questo ruolo in una fase di forte cambiamento di EIFI a livello organizzativo.
Spero di poter dare un contributo significativo allo sviluppo di una nuova fase e all’adeguamento di EIFI alle sfide e alle trasformazioni che tutti i settori industriali stanno vivendo in questi anni di cambiamenti epocali.
Credo che per rappresentare e difendere l’industria del fasteners e le sue specificità nei prossimi anni sarà sempre più importante affrontare le nuove sfide a livello europeo.
Per farlo occorrerà una organizzazione capace di lavorare in simbiosi con le associazioni nazionali ma aumentando sempre di più l’attività e la visibilità a livello europeo attraverso lo sviluppo delle relazioni con le istituzioni a Bruxelles (CE e Parlamento) e le altre associazioni di categoria (AEGIS, CLEPA, EUROFER ecc..).
Nessuna delle sfide attuali potrà essere affrontata con le stesse modalità del passato.

Come si articola al presente la struttura dell’EIFI?

La nuova organizzazione prevede un Board con un Presidente, due Vicepresidenti, 6 membri in rappresentanza delle associazioni nazionali e un Direttore Generale.
La durata del mandato del Presidente e del Board è stata portata a quattro anni e rinnovabile una seconda volta.
Ci sono tre Gruppi di Mercato:

  • Automotive
  • General Industry/Distribution
  • Aerospace

Ci sono tre Comitati Operativi:

  • Public Affairs, Legal, TDI and Membership Development
  • Technical, Quality and Innovation
  • Marketing and Communication

Alla categoria dei produttori di fasteners sono state aggiunte due nuove categorie:

  • Associated Members, costituiti dalle aziende della supply chain dei fasteners
  • Service Members di cui fanno parte principalmente società di servizi e consulenza

Quali obiettivi pensa di raggiungere nel corso del suo mandato?

Gli obiettivi sono:

  1. Aumentare la visibilità di EIFI in Europa
  2. Allargare la base degli associati
  3. Irrobustire l’organizzazione

Ma l’obiettivo di fondo resta sempre lo stesso: rappresentare e difendere gli interessi e le specificità dell’industria europea dei fasteners.

Ha ancora senso una Associazione europea di categoria in un mondo fortemente globalizzato?


Direi che proprio perché viviamo da oltre 30 anni in un mondo globalizzato la dimensione minima per affrontare le nuove sfide è quella europea, ma questo dovrebbe valere come principio non solo per le associazioni ma anche per tutti i paesi membri dell’Unione che a volte dimenticano di far parte dell’area geografica che rappresenta il più grande mercato mondiale con eccellenze in tutti i settori industriali.
Anche nel caso dei fasteners ancora oggi l’Europa rappresenta il primo mercato mondiale con una quota del 26% su un totale di 90 miliardi di $ di valore davanti all’Asia Pacific, al Nord America e alla Cina.
Io credo che valga la pena provare a difendere e a sostenere questo mercato e le aziende europee che ci lavorano.

La bulloneria europea a livello mondiale è competitiva? Quali potrebbero essere i futuri pericoli per questo settore?

Direi di sì: quando ci confrontiamo con paesi che operano a parità di condizioni e regole, ma purtroppo sappiamo che a volte ciò non accade.
Penso che se l’Europa rappresenta ancora il primo mercato mondiale dei fasteners sia merito dei produttori europei ma anche della supply chain che negli anni è stata in grado di seguire l’evoluzione del mercato garantendo ai produttori forniture con un livello di servizio e di qualità elevati a condizioni competitive. Non dimentichiamo inoltre che la competitività e la competenza dei produttori europei di fasteners ha permesso di costruire dei campioni globali che hanno saputo investire con successo anche in altre aree del mondo. Nella top 10 del ranking dei produttori globali di fasteners almeno 5 sono produttori europei.
I pericoli futuri sono in parte noti e in parte nuovi.
Quelli noti sono le asimmetrie rispetto alle regole del WTO che portano poi alle imposizioni di dazi all’importazione per riequilibrare il sistema, quelli nuovi provengono dalla diversa velocità e modalità con cui le varie regioni del mondo stanno affrontando il tema della sostenibilità.
Questo problema riguarda in primo luogo il tema ambientale con il primo banco di prova l’applicazione del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), ma in realtà in misura più estesa interessa tutte le scelte relative ai temi ESG che ogni paese applica con modalità diverse.

Cosa può fare l’EIFI, in particolare, per le medio-piccole Aziende europee del settore del fasteners?

Direi che probabilmente le piccole medie aziende sono quelle che più avranno bisogno di essere parte di un’organizzazione che le possa rappresentare, difendere e guidare nell’affrontare le enormi sfide attuali. Pensiamo solo alle 3 grandi trasformazioni attualmente in corso in Europa: sostenibilità, digitalizzazione e elettrificazione del settore automotive che resta ancora il primo mercato di riferimento per i produttori di fasteners. Questi grandi cambiamenti stanno generando impatti enormi sulle organizzazioni e il fatto che stiano avvenendo tutti nello stesso tempo rende la gestione molto complessa e onerosa per le grandi aziende ma potrebbe essere insostenibile per le piccole medie imprese. Condividere questi passaggi epocali con associazioni che possono dare informazioni, supporti e indicazioni su come affrontare questi temi credo possa essere il modo giusto per far crescere in maniera uniforme ed omogenea tutta la supply chain evitando discontinuità che possono generare problemi significativi come già visto durante il periodo della pandemia.

Oggi s’invoca a gran voce la crescita, come unica soluzione per la sopravvivenza delle Aziende. Secondo lei, in concreto, cosa significa e come dovrebbe realizzarsi questa crescita?

Non credo che la crescita sia l’unica soluzione per sopravvivere, ma certamente l’immobilismo e il nanismo delle imprese non aiutano a creare campioni in grado di competere in un contesto globale e in forte trasformazione come quello attuale.
Senza crescita non si investe e senza investimenti non si innova e non si crea lavoro.

L’Europa è in prima fila nella lotta all’inquinamento in generale, ma questo significa anche limitare l’attività economico-produttiva. Come pensa si possa risolvere positivamente questa contraddizione?

Penso che le scelte dell’Europa in merito ai temi ambientali siano giuste e nessuno a partire dalle imprese vuole rifiutare la transizione.Tuttavia credo si sia ecceduto nella regolamentazione e si sia dato poco spazio allo sviluppo di una strategia complessiva. Si sono previste scadenze ed eventualmente sanzioni ma si è dimenticato che poi dobbiamo competere con le aziende americane e cinesi. Il rischio è che stiamo sviluppando delle nuove regole del gioco con degli arbitri molto preparati ma poi la partita potrebbero giocarla gli altri. Questo vale sia per il tema della transizione all’elettrico per il settore auto con il ritardo accumulato nella tecnologia delle batterie rispetto alla Cina, alla Corea e al Giappone, ma anche per il settore high tech dove l’Europa sconta un gap tecnologico e una mancanza di players rispetto a paesi come Stati Uniti e Cina. Questa contraddizione si potrebbe risolvere con una maggior collaborazione tra Commissione Europea e associazioni di categoria, provando a definire insieme delle strategie più complessive che tengano conto della velocità della transizione e degli effetti negativi che nel breve possono creare. Un esempio per tutti sono le nuove normative relative alle emissioni auto con motori Euro 7 previste per luglio 2025 che comportano costi molto più alti di quelli inizialmente stimati dalla Commissione e peraltro con vantaggi ambientali limitati.

Siamo in un periodo di grandi mutamenti ed incertezze, penso soprattutto al settore dell’auto. Quali sono le sue previsioni a tale riguardo? Quale dovrà essere il ruolo dell’EIFI in questo contesto?

Penso da tempo che la scelta del passaggio all’elettrico non possa più essere messa in discussione e indietro non si può tornare considerati anche gli enormi investimenti fatti dalle case automobilistiche non solo europee. I dati dell’accelerazione degli ultimi anni mostrano una crescita inaspettata in Cina ma anche in Europa anche se con velocità diverse tra i paesi del Nord e quelli del Sud. L’obiettivo di una mobilità privata completamente elettrica in Europa entro il 2035 poteva sembrare impossibile soltanto fino a qualche anno fa; tuttavia, dal 2019 abbiamo assistito ad una crescita esponenziale della quota di mercato di veicoli elettrificati che ha raggiunto il 25% nel 2022 con 15% di full electric (BEV). Alcuni paesi del Nord Europa come la Norvegia hanno però già raggiunto l’80% di penetrazione e quindi basterebbe provare a vedere come sia stato possibile per questi paesi raggiungere questo livello già oggi per capire se l’obiettivo del 2035 sarà sostenibile per tutta l’Europa. A breve l’incertezza resta sull’andamento della domanda di auto in generale che sarà sicuramente impattata negativamente da una riduzione del credito e da un maggiore costo del denaro, dagli effetti di una probabile recessione e da un livello di prezzi delle vetture elettriche ancora troppo elevato soprattutto per i modelli dei segmenti A e B. Il ruolo dell’EIFI in merito all’evoluzione dell’auto dovrà essere sempre più integrato con l’attività di altre associazioni automotive di categoria sia nazionali che europee con l’obiettivo di evidenziare eventuali specificità del nostro settore che possano creare criticità in questa fase complessa. In particolare, per i produttori di fasteners la sfida sarà di gestire una maggiore quantità e varietà di prodotti. Ciò richiederà competenze diverse e processi nuovi, necessari per lo sviluppo di nuovi materiali, rivestimenti e componenti, con la necessità di conoscenze più ampie in settori che vanno oltre la meccanica e i materiali metallici. Una richiesta maggiormente diversificata di prodotti comporterà anche una maggiore complessità nella gestione logistica e nella distribuzione dei prodotti, oltre alla necessità di convergere verso standard che ad oggi non sono ancora stati definiti. Infine, nei prossimi anni si dovranno cominciare a gestire prodotti dedicati solo a veicoli a combustione interna con volumi in continua riduzione e con effetti negativi sui costi di produzione per minori economie di scala, in una logica analoga a quanto già visto per tutti i componenti che erano esclusivamente utilizzati per il powertrain diesel.

Oggi, dopo una pandemia e con diversi fronti di guerra attivi in varie zone del mondo, si può essere ottimisti e fiduciosi per il futuro?

Purtroppo, le guerre e le pandemie ci sono sempre state nel mondo e fanno parte della storia e della natura umana. La nostra generazione aveva solo avuto la fortuna o la bravura di non averne più vissute. In particolare, nel mondo occidentale eravamo riusciti a non avere guerre per oltre 70 anni tranne l’episodio dei Balcani negli anni ’90. Ora abbiamo scoperto di averne una al centro dell’Europa che ci sta coinvolgendo sempre di più e che sembra avere dei contorni di una guerra tra Occidente e resto del mondo. Non ci piace, ci fa vivere con ansia e incertezza ma credo che la cosa migliore sia quella di essere realisti con una buona dose di ottimismo.

Come desidera concludere questa nostra conversazione?

Con una frase che è nello stesso tempo un monito e una speranza per le grandi aziende e per le piccole.
Il mondo sta cambiando velocemente. Il grande non batterà più i piccoli. Sarà il veloce a battere il lento.

ULTIME NEWS